Il 5 maggio 1313, a Avignone, Papa Clemente V, al secolo Bertrand de Got originario di Bordeaux, canonizzava Papa Celestino V come S. Pietro del Morrone. Postulatore della causa di santificazione era niente di meno che il re di Francia, Filippo IV Il Bello. Dopo sei anni, un lavoro di “inchiesta locale” da parte di due vescovi scelti dal pontefice sui luoghi dove erano vissuti il nuovo confessore e la sua congregazione al fine di cogliere da individui di diversa estrazione sociale informazioni per trasformare la vita di un eremita a vita di un santo.
Una sintesi dell’intero materiale pervenuto, vagliato con serietà da parte di tre commissioni di cardinali volte a repertoriare per rubriche e proporre solo testimonianze non contraddittorie con l’esistenza di un uomo "che si intendeva già in vita “abitato da Dio".
Un dibattito senza esclusione di colpi volti a fare arenare il processo non solo nelle varie sessioni ma anche nell’ultimo nel Concistoro segreto , una bolla papale in cui veniva annoverato nel catalogo dei confessori, quindi dopo un “iter” complesso nel quale influirono anche i tempi collegati anche ad altri eventi storici importanti (“damnatio memoriae” di Bonifacio VIII, riabilitazione del re di Francia e del suo “entourage”, condanna dei Templari), l’eremita Pietro del Morrone (ndt e non il papa che stette sul soglio petrino per 5 mesi e 9 giorni) veniva elevato all’onore degli altari.
Il volume di Stefania Di Carlo e Ilio Di Iorio è per chiunque voglia conoscere Pietro del Morrone - Celestino V un testo preziosissimo perché raccoglie indicazioni sulla vita e sui miracoli, sui testimoni escussi nei diversi giorni di indizione (di cui sono rintracciati nomi, età, estrazione sociale, sesso, mestiere, tempo dell’informazione data), sui miracolati, sulle loro patologie (anche con un tentativo di diagnosi secondo i parametri attuali!), sulla modalità di guarigione, sui tempi in cui avvennero tali eventi in rapporto allo statuto rivestito da Pietro da Morrone (in vita come eremita o papa, post mortem), sullo sviluppo geografico della congregazione dei “Fratelli dello Spirito Santo” (poi detti Celestini).
Lo studio, accurato e scrupoloso, non solo nella traduzione ma anche nell’analisi dei dati raccolti su tutti i manoscritti sopra citati (alcuni dei quali monchi, quindi ricostruiti sulla base degli altri), il confronto con altre fonti agiografiche già studiate e edite nei precedenti tredici volumi del “corpus” celestiniano che è solo agli inizi, consente al lettore di comprendere che non si trattò di un affare di stato ovvero una canonizzazione politica, sollecitata da un re influente e capace di fare fronte ad ogni spesa, ma di una risposta alla devozione popolare prodotta in primis da Pietro da Morrone e, poi, da Celestino V su un’estensione geografica enorme.
Di certo, Pietro da Morrone dovrà attendere il 1699 e Papa Clemente IX per vedersi riconosciuto non solo come eremita taumaturgo ma anche come papa santo. Ciò non di meno è evidente dai documenti latini indagati, facenti parte di questo processo di canonizzazione, l’incidenza delle testimonianze carpite in Abruzzo, Molise, Campania e Lazio e, scendendo nel dettaglio, in Sulmona, Isernia, Castro Baiano, zona di Frosinone.
L’abbondanza dei miracoli prova sicuramente la santità di Pietro da Morrone-Celestino V, unitamente all’esercizio delle virtù eroiche e all’alto grado di perfezione raggiunta.
La prefazione di Sua Eccellenza, Mons. Angelo Spina, vescovo di Sulmona-Valva, mette in luce tutti gli aspetti meritevoli di questa nuova pubblicazione che è destinata a essere il nuovo punto di riferimento per il semplice appassionato della vicenda celestiniana quanto dei ricercatori, se non altro perché (pur non potendo riportare le trascrizioni latine dei documenti), le traduzioni sono integrali e inedite e il commento è realizzato con i metodi della statistica, della storia della medicina, della linguistica, dell’agiografia.
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